La Strada del Vino Montecucco
Una terra baciata dal sole, addolcita dalle correnti marine e mitigata dai venti di montagna che negli ultimi decenni ha conosciuto un eccezionale sviluppo vitivinicolo con grandi DOC e DOCG.
La Maremma offre una combinazione unica di storia, tradizioni, paesaggi incontaminati e riserve naturali. Una terra baciata dal sole, addolcita dalle correnti marine e mitigata dai venti di montagna che negli ultimi decenni ha conosciuto un eccezionale sviluppo vitivinicolo con grandi DOC e DOCG. Dal Morellino di Scansano al Sassicaia, dal Monteregio di Massa Marittima al Bianco di Pitigliano e al Sovana delle Colline del Tufo, dall’Ansonica dell’Argentario e al Capalbio per arrivare infine al Montecucco, la straordinaria varietà di vini maremmani ha fatto nascere vere e proprie Strade del Vino.
La Strada del Vino e dell’Olio Costa degli Etruschi, la Strada del Vino e dei Sapori Colli di Maremma, la Strada del Vino e dei Sapori Monteregio di Massa Marittima e la Strada del Vino Montecucco e dei Sapori d’Amiata offrono itinerari sorprendenti che vale la pena scoprire. Sia che ci si sposti in auto, a piedi, a cavallo o su due ruote, questi percorsi rappresentano un’opportunità insostituibile per esplorare la regione secondo le proprie esigenze, sulle tracce di borghi storici, parchi faunistici e luoghi d’arte, oltre a cantine, frantoi, locande e osterie dove è possibile assaporare e acquistare vini prestigiosi, oli pregiati, prodotti del territorio, salumi e formaggi di altissima qualità lontano dalle consuete rotte turistiche.
La Strada del Vino Montecucco e dei Sapori d’Amiata, all’interno della quale si trova Muschi Alti, unisce idealmente le cime del Monte Amiata e la pianura maremmana in un territorio dove tutto – dal paesaggio ai suoi sapori – è caratterizzato dall’unicità dei suoi contrasti.
Un po' di storia
“La vite ha sempre allignato, fino dalle epoche più remote, nella provincia di Grosseto.”
(Alfonso Ademollo, rapporto conclusivo inchiesta parlamentare Jacini, 1884)
La presenza della viticoltura nel territorio del Montecucco fin dall’epoca etrusca è ampiamente testimoniata da vasellame e recipienti per la fermentazione rinvenuti nella zona di Seggiano e di Potentino. Durante la dominazione romana le tecniche di vinificazione vennero migliorate a tal punto che rimasero inalterate fino al medioevo, come dimostrano molti documenti conservati presso gli archivi monastici.
La diffusione della coltivazione della vite giocò un ruolo così importante per l’economia di quei territori, che si resero necessarie leggi e norme statuarie per la concessione e la tutela di zone da destinare esclusivamente alla viticoltura. In alcuni casi, come accadeva a Castel del Piano nel Cinquecento, queste concessioni potevano addirittura sostituire in parte o totalmente il salario in denaro dei contadini.
Il progressivo miglioramento delle tecniche di vinificazione e la selezione dei vitigni autoctoni, uniti all’assenza di climi “né caldi né freddi eccessivi” e alla presenza di “terreni leggeri, permeabili, aridi nelle parti elevate, dovute a sabbie, a rocce decomposte, a detriti vulcanici e sassaie” fecero sì che nei secoli a venire la provincia di Grosseto si consolidasse “per cinque sesti” come “terreno adatto alla viticoltura”.
Oggi, il recupero, l’identificazione e la valorizzazione del patrimonio genetico di quegli antichi vitigni sta assumendo sempre maggiore importanza in Toscana, regione particolarmente ricca di varietà autoctone sopravvissute perfino alla devastante invasione della fillossera, un afide proveniente dall’America del Nord che flagellò l’Europa nella seconda metà dell’Ottocento, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa della viticoltura. La soluzione adottata pressoché ovunque fu quella di innestare la vite europea su quella americana, le cui radici – ma non l’apparato aereo – risultavano resistenti al parassita.
Da allora la maggior parte delle viti sono frutto di quell’innesto, ma esistono ancora vigne antiche che per la loro posizione isolata o perché su terreno sabbioso o per il clima d’altura, sono riuscite a superare indenni l’attacco devastatore del piccolo afide. Sono le vigne dette “a piede franco“.
E nella zona del Montecucco ne è stata ritrovata una di quasi duecento anni. È il “vigneto museo“, che con la sua straordinaria resistenza e longevità ha contribuito, nel 1989, al riconoscimento dell’indicazione geografica “Montecucco” Bianco, Rosso e Rosato e quasi un decennio più tardi, il 30 luglio 1998, al conferimento della DOC, a cui si è aggiunta la DOCG il 9 settembre 2011.